“Noi sentiamo che,anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto una risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppure toccati.”
Si può pensare che questa affermazione sia di un mistico o di un teologo,invece è la proposizione 6.52 del “Tractatus logico-philosophicus” di Ludwig Wittgentein(1),che è stato la bibbia del neopositivismo logico,la filosofia più razionalista del ventesimo secolo; infatti raccoglie  l’eredità dell’empirismo e delle sue battaglie contro la metafisica,e,insieme, della filosofia analitica che cerca di analizzare ogni cosa scindendola nelle sue componenti per capirne il funzionamento,applicando anche gli sviluppi della logica matematica.

Sembra chiudersi così il percorso che vedeva la ragione avanzare e imporsi in tutti gli ambiti del sapere.

Nella affermazione di Wittgenstein la distinzione tra il piano della ricerca scientifica e quello dei ‘problemi vitali’ non può essere più netta; di fronte ad essi la ragione si rivela impotente. Cosa può avere messo i crisi la “Dea Ragione” degli illuministi alla quale niente poteva sfuggire e che era decisa a dettare legge in ogni ambito della realtà umana e sociale?

Sembra proprio che non sia con la ragione, o solo con la ragione, che possiamo capire i problemi umani e dare un senso all’esistenza.

Proviamo a vedere cosa succede quando cerchiamo di affrontare con la ragione un problema vitale come quella del male.

Ci chiediamo innanzitutto :”Perchè non possiamo capire razionalmente cos’è il male? Cosa può impedircelo?” Se poi cerchiamo di definire cos’è il male ci accorgiamo che non riusciamo ad arrivare a una definizione chiara ed esaustiva; siamo costretti a prendere in considerazione i diversi tentativi di definirlo, tutti interessanti, nessuno definitivo.

Se pensiamo al male interno, al male dentro l’uomo,i richiami di Paul Ricoeur ai ‘maestri del sospetto’ (2) che hanno tolto alla coscienza la convinzione di poter avere una conoscenza immediata di se stessa, mostrando quanto spesso la coscienza sia “falsa coscienza”,ci distolgono subito dall’idea di poter conoscere il male interno semplicemente guardando dentro di noi.

Due libri ci aiutano a capire come sia necessario allargare l’indagine oltre se stessi per capire il problema del male.

In un libro intitolato “Il Diavolo”(3) Di Nola ci illustra le le diverse immagini e i tanti modi in cui il diavolo si manifesta; scopriamo i contenuti di cui è portatore, come si presenta, come si maschera, si annuncia o si traveste il male nella storia umana e nelle diverse culture. Scopriamo che l’influenza del Diavolo sull’uomo è sempre presente e che può arrivare alla possessione, al dominio totale sull’anima umana.

Barbara Spinelli invece,in un libro dedicato al “Moby Dick” di E.Melville,(4) indaga i rapporti tra il male interno e il male esterno, quanto si possa essere posseduti dal male, quanto il male possa essere contagioso. Per combattere il male dobbiamo capirlo, immedesimarci col nemico, immedesimarci con lui per prevederne le mosse; per vincerlo poi dobbiamo essere più forti di lui, dobbiamo essere capaci di fare del male per vincere il male. Ci ritroviamo il male all’interno per combattere il male esterno.La lotta contro il male finisce per contagiare chi lo combatte; il capitano Achab insegue Moby Dick per ucciderla, è ossessionato, posseduto dal male e dalla vendetta., sente di avere una missione da compiere.

E’ persa definitivamente la battaglia contro il male, come sembra indicare la morte di Achab, o la volontà di combattere il male lascia aperta la possibilità di riemergere dopo essersi persi, inghiottiti dal male?

Immagini,metafore e simboli presenti nei due libri ci mostrano solo alcuni degli aspetti del male e del suo rapporto con l’uomo.

Siamo tornati al simbolo.

Quelle immagini ci catturano e ci affascinano; ogni immagine ci mostra solo un aspetto o alcuni aspetti del male, è un tentativi di rendere comprensibile qualcosa che non potremo mai capire del tutto; ogni tentativo si basa su uno sguardo interiore, sulla sensibilità morale, sulla comprensione emotiva che in qualche modo ci danno, ci consentono un rapporto diretto col male. La comprensione razionale viene dopo.

Il carattere enigmatico dei simboli è perciò giustificato,rimanda all’impossibilità di una comprensione totale e mette in scacco la ragione che vorrebbe capire tutto e dominare così l’oggetto della conoscenza.

Allo stesso modo, nonostante tutti i tentativi fatti, siamo ben lontani dall’illuderci di aver capito cosa sono giustizia, libertà, bellezza, amore, o di saper dare una risposta certa ai grandi enigmi dell’esistenza. Siamo costretti a creare immagini che non riescono mai ad esprimere tutto il contenuto dei concetti, perchè i concetti stessi non sono del tutto chiari alla coscienza (5).

Anche qui ci avviciniamo alla comprensione con l’intuizione e la sensibilità che creano simboli,miti,riti,storie; riflettendo su di essi la ragione arriva a cogliere aspetti sempre diversi della realtà su cui indaga; i simboli affascinano e mettono in moto la riflessione e la ricerca.(6)

Rifiutare la conoscenza simbolica ci separa dal contatto con la sfera emotiva e morale, con la sfera della ricerca del senso e del significato e rende vuota l’esistenza. Privarsi del contatto col mondo interiore porta a una razionalità fredda e asettica e a una ragione che, credendosi autonoma, indipendente dai valori e dai sentimenti, è in realtà fragile e diventa spesso strumento di passioni e sentimenti che la usano per fini disumani.(7)

E’ proprio la mancanza di contatto con i bisogni, i sentimenti e i valori più profondamente umani che rende l’uomo capace di illudersi di poter fare qualsiasi cosa, restando in realtà prigioniero di un delirio di onnipotenza. Tema certo non estraneo al nazismo e al comunismo.

Anche il rito fornisce una conoscenza simbolica, nei simboli che contiene e nella partecipazione diretta. Se si partecipa a un rito si sperimenta il sentimento di entrare in contatt0, di entrare in rapporto e sentirsi parte di una realtà che va oltre la realtà separata del singolo.

In un libro dedicato al “Culto del Littorio” E.Gentile (8) illustra i riti collettivi usati dal fascismo per far sentire un senso di appartenenza del singolo alla collettività. E’ straordinario vedere come, oltre i capi, anche persone poco istruite, che lavorano per il regime, possiedano un’intelligenza emotiva che consente loro di capire l’importanza dei miti, dei simboli e dei riti collettivi per creare consenso e far sentire l’individuo debole se è solo e forte se è parte dello stato, sentito come suprema entità collettiva.

Evidentemente è solo con quei mezzi che possiamo rapportarci ed entrare in contatto con i ‘problemi vitali’ di cui parlava Wittgentein.

Con la sola ragione non possiamo entrare nella sfera del senso e del significato, che affondano le radici nel nostro rapporto con la realtà e con gli altri e nella sfera ideale dei valori, che ci orientano nella relazione e nella direzione da prendere.

Wittgenstein aveva ragione.

NOTE

(1)L.Wittgenstein-Tractatus logico-philosophicus-Einaudi-àTorino-1970

(2)Ricoeur si riferisce a K.Marx,F.Nietzsche e S.Freud-vedi : P.Ricoeur-Della Interpretazione-Saggio su Freud-Il Saggiatore-Milano 1979-pp.48-49

(3)DI Nola-Il Diavolo-Newton Compton-Roma 1987

(4)Barbara Spinelli-Moby Dick o l’ossessione del male-Morcelliana-Brescia 2010

(5)G.W.F.Hegel-Fenomenologia dello spirito-La nuova Italia-Firenze 1970-Già Hegel sosteneva che l’arte è un tentativo di rendere visibile l’invisibile (lo spirito umano), e che l’arte simbolica in particolare, cioè l’arte egizia e orientale che precede l’arte classica, è una continua ricerca di immagini che non riescono mai ad esprimere del tutto il contenuto dei concetti, perché i concetti stessi non sono chiari alla coscienza.

(6)P.Ricoeur-Della Interpretazione-Il Saggiatore-MI 1979-pgg.592 e sgg.

(7) In tutta l’opera di C.G.Jung è presente la critica alla ragione illuminista che, negando l’importanza della sfera emotiva e dell’inconscio, viene poi travolta dalle forze irrazionali che si illude di poter controllare- In particolare: C.G.Jung-Opere-Vol.10-2-Dopo la catastrofe-Bollati Boringhieri-Torino 1998

(8)E.Gentile-Il culto del Littorio-Laterza-Bari 1993