Sapendo che il titolo si riferisce al terrorismo islamico,si immagina che la connessione tra violenza e religione sia in primo piano; invece,forse perchè come junghiano considera la religione espressione dei contenuti e dei problemi più importanti dell’uomo,Zoia tende a mettere in primo piano i meccanismi psicologici e sociali che generano la violenza terrorista.
E’ stata proprio l’abolizione della religione in una società sempre più agnostica o atea che,non essendo stata sostituita da una ricerca di valori,ha lasciato un vuoto di riferimenti e rende impossibile la ricerca di un senso; anche il terrorista americano che ha fatto una strage alla prima di un film su Batman vestito da uno dei suoi antagonisti,trascorreva una vita insignificante,per lo più dentro una stanza. Poiche il consumismo e l’individualismo hanno ridotto il senso di appartenenza alla comunità,si cerca di riempire il vuoto nella rincorsa all’acquisto di beni,ma è una rincorsa senza senso e crea la nostalgia della fede come bisogno di una socialità ormai sparita e di una vita vissuta con valori forti e piena di significato; crea anche il bisogno di gesti estremi come gli attentati suicidi perchè,dice sempre Zoia, “dal punto di vista psicoanalitico e delle emozioni profonde,si sentono vivi,almeno per un attimo” (p.73).Questo vale sia per gli occidentali che per i mussulmani trasferiti in occidente.
Dal punto di vista strettamente psicologico la causa della violenza non va cercata fuori dall’uomo,ma è insita in ogni uomo. Nessuno,secondo Zoia,può diventare completamente cosciente del male che ha dentro (per gli junghiani è l'”ombra”),perciò lo proiettiamo negli altri; è questo che da origine alla paranoia,alla guerra e alla violenza. E’ il tema che Zoia tratta nel suo libro intitolato appunto “Paranoia”.Il rifiuto radicale di accettare la propria violenza si vede ad esempio nel fatto che non esiste negli USA alcun museo per i popoli indiani massacrati o per i negri,si tenta ancora di proiettare in loro il male e giustificare così il loro massacro.
A differenza di Girard dunque,la violenza è insita nella natura umana,fa parte del “male” che abbiamo dentro,se è dubbio che possa chiamarsi istinto certamente è presente sempre e comunque come possibilità e tendeza dell’agire umano. Crediamo di non interpretare male il pensiero di Zoia dicendo che l’aggressività è sempre presente nell’uomo come istinto indispensabile e diventa violenza quando i fattori psicologici e sociali la trasformano in distruttività.
Tuttavi,poichè gran parte del libro è un’intervista del giornalista Oscar Bellicini,ogni tanto l’intervistatore insinua,suggerisce con le sue domande che la religione possa essere una causa della violenza,almeno in qualche misura; dice Bellicini :”Religione sì, religione no: il dubbio rimane.Da un lato si ha l’impressione che la religione non c’entri,che sia un contenitore in cui riversare un disagio che potrebbe assumere qualsiasi altra forma in condizioni storiche diverse. Da un altro punto di vista invece,è chiaro che gli aspetti religiosi incidono…”(p.74),e continua indicando nel concetto di “umma”,cioè di comunità dei credenti mussulmani,un elemento che,mentre rafforza l’identità dei mussulmani spinge anche alla contrapposizione con le altre identità. Zoia concorda pur riconoscendo che è un elemento comune a molte religioni,cristianesimo compreso. Afferma anche che il primo monoteismo islamico è stato intollerante e che solo dopo è diventato multiculturale e tollerante;inoltre l’Islam si è diffuso inizialmente con la guerra,e la storia non può essere totalmente dimenticata (p.41).
Zoia afferma anche che la lotta contro il colonialismo occidentale è stata fatta mettendo al centro della contrapposizione con l’occidente aspetti religiosi della civiltà islamica,perchè nell’Islam politica e religione sono inseparabili.
Vediamo dunque che la netta separazione tra violenza e religione sfuma di nuovo anche se Zoia cerca le cause della violenza nella natura umana e per lui sono i meccanismi che portano alla paranoia,a proiettare il male negli altri,che generano la violenza sia nella religione che a livello individuale e nei sistemi sociali e politici.
Il libro si conclude con la speranza di un dialogo tra culture e religioni che abbia alla base proprio “il rimettere al centro del dibattito le connessioni esistenti tra psicologia,cultura di massa e politica.” Anche la psicoanalisi deve muoversi in questa direzione,nel 2014 è nato un movimento di junghiani politicamente attivi che intendono dare il loro contributo anche alla soluzione dei problemi della società.
Luigi Zoia-Nella mente di un terrorista-Torino 2017